Rene impiantabile, una speranza


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PRIMO FEBBRAIO TORINO PRESENTATO IN ITALIA IL PROGETTO DEL RENE BIOARTIFICIALE

La notizia, che sembra secondaria, per noi è molto importante, in quanto dimostra ancora una volta l’interesse dell’Italia sullo studio e sviluppo di tutte tecniche per superare quelle che oggi sono le tecniche di dialisi e non solo.

Dal Primo al 3 febbraio si è tenuto a Torino, il 27esimo Congresso “Patologia immune e malattie orfane 2023”.

Nel corso del convegno, Il professore statunitense William H. Fissell ha presentato il progetto del rene bio artificiale.

“Ci siamo concentrati sulla replicazione delle funzioni essenziali di un rene”, ha spiegato il docente. "Il bioartificiale da noi ideato potrà rendere il trattamento per la malattia renale cronica più semplice e migliorerà la qualità di vita dei nostri pazienti. Speriamo che le macchine da dialisi possano presto andare in soffitta”. Virgolettato da rainews.it/tgr/piemonte.

Il convegno è stato organizzato dal Cmid-Scdu Nefrologia e Dialisi dell’Ospedale San Giovanni Bosco diretto dal professor Dario Roccatello, Centro Universitario di Eccellenza per le Malattie Rare, Nefrologiche e Reumatologiche, membro di tre Ern (Malattie nefrologiche, Erk-net, Malattie reumatologiche, Ern-Reconnect e Malattie Immunologiche, Rita-Ern) dell’Asl Città di Torino.

 

Shuvo Roy

William Fissell

1° settembre 2023, RENE BIOARTIFICIALE impiantato per una settimana sui maiali

Riprendiamo dall’artico pubblicato dalla Redazione AboutPharma il 30 agosto.

Per realizzare un rene bioartificiale i ricercatori dell’Università della California a San Francisco (Ucsf) hanno sperimentato con successo nei maiali un dispositivo impiantabile che si è dimostrato capace di mantenere cellule renali umane vive e funzionanti per almeno una settimana senza causare rigetto.

Il risultato, pubblicato su Nature Communications (del 29 agosto 2023), è stato ottenuto nell’ambito del Kidney Project guidato da Shuvo Roy, bioingegnere dell’Ucsf, e William Fissell, nefrologo del Vanderbilt University Medical Center.

Shuvo Roy e colleghi hanno progettato un rene bioartificiale completamente impiantabile (iBak) contenente cellule renali che imitano le funzioni del nefrone umano, come il riassorbimento di acqua e soluti, e le funzioni metaboliche ed endocrinologiche.

Nella ricerca il team statunitense ha testato un bioreattore (ovvero un dispositivo che permette la crescita delle cellule) che una volta impiantato nel corpo può essere collegato direttamente ai vasi sanguigni in modo da consentire il passaggio di nutrienti e ossigeno.

La principale novità sta nell’utilizzo di speciali membrane di silicio con nanopori che permettono di proteggere le cellule renali contenute nel bioreattore da eventuali attacchi del sistema immunitario.

Per dimostrare il funzionamento del dispositivo, i ricercatori vi hanno messo all’interno un particolare tipo di cellule renali (quelle del tubulo prossimale, che è deputato al riassorbimento di acqua, ioni e nutrienti organici). Il bioreattore è stato quindi impiantato nei maiali e il suo funzionamento è stato monitorato nel tempo. A una settimana di distanza le cellule erano ancora vitali e funzionanti e gli animali godevano di buona salute.

“Abbiamo dimostrato che le cellule mantengono una vitalità e funzionalità superiore al 90%, con espressione genica del trasportatore normale o elevata e attivazione della vitamina D, dopo l’impianto nei suini senza terapia anticoagulante sistemica o terapia immunosoppressiva per sette giorni” scrivono i ricercatori. “Nonostante si tratti di un impianto in un modello di xenotrapianto, rileviamo che le cellule presentano danni minimi e i livelli di citochine del ricevente non indicano un rigetto iperacuto.

Questi dati iniziali confermano la potenziale fattibilità di un bioreattore impiantabile per la terapia cellulare renale utilizzando membrane di nanopori di silicio” concludono.

Il prossimo passo sarà quello di prolungare il monitoraggio per almeno un mese e poi arricchire il bioreattore con le diverse tipologie di cellule che normalmente si trovano nel rene umano. “Avevamo bisogno di dimostrare che un bioreattore funzionante non richiede l’assunzione di farmaci immunosoppressivi, e lo abbiamo fatto”, commenta Roy. “Non abbiamo avuto complicazioni e ora possiamo ripetere l’esperimento, riproducendo tutte le funzioni renali su scala umana”.

2019 Funzionerà grazie al battito cardiaco, libererà i malati dalle macchine per l’emodialisi e darà una speranza a chi aspetta un trapianto.

Parliamo del rene bionico, al quale sta lavorando un gruppo di ricercatori statunitensi e ora pronto per la sperimentazione sugli esseri umani. Ha dimensioni simili all’organo che sostituisce ed è una combinazione di elementi elettronici e organici. Obiettivo: migliorare la qualità di vita delle persone affette da deficienza renali.

Impiantato nel corpo del paziente, l’organo artificiale sarà in grado di filtrare il sangue in modo continuo, evitando visite ospedaliere che durano dalle 3 alle 5 ore. Niente più emodialisi, dunque, terapia durante la quale il sangue fluisce attraverso un filtro che elimina gli scarti dannosi (minerali e liquidi inutili), per poi tornare in circolo, aiutando a controllare la pressione arteriosa e a mantenere l’equilibrio di sostanze chimiche come potassio e sodio.

“Stiamo creando un dispositivo bio-ibrido in grado di sostituire il rene, capace di eliminare un numero sufficiente di detriti in modo tale che il paziente possa evitare la dialisi – conferma William H. Fissell, nefrologo e professore dell’Università di Vanderbilt, a Nashville (Tennessee) –. Funzionerà grazie al battito cardiaco, filtrando il flusso sanguigno che lo attraversa.

Il rene sarà impiantato chirurgicamente e avrà un microchip di silicio che fungerà da filtro, così come le cellule renali vive. “La chiave di questo dispositivo – spiega Fissell – è il microchip, nel quale si usano gli stessi processi della nanotecnologia del silicio sviluppati dall’industria della microtecnologia per computer ed equipaggiamenti informatici”.

 

Il 5 dicembre 2010, sul quotidiano The Times of India di New Dehli, è comparsa una notizia, che già da qualche mese, circolava in rete. Un ricercatore indiano, Shuvo Roy, che lavora negli Stati Uniti, ha creato un rene artificiale che si può anche impiantare. Finora il prototipo è stato sperimentato in laboratorio solo su piccoli mammiferi, ed ha ancora dimensioni troppo grandi per essere impiantato. Lo scienziato, che è a capo di un team della University of California-San Francisco, (nell’ambito di un consorzio di 10 diversi team di ricerca), dedicato alla messa a punto di microstrumenti biomedicali, ha chiesto ora l'autorizzazione a condurre i primi test sull'uomo. Il rene è costituito da uno strumento che, nella sua realizzazione finale, raggiungerà le dimensioni di una tazzina da caffè e che sarà in grado di svolgere le principali funzioni del rene umano, quali filtrare le tossine, regolare la pressione sanguigna e produrre vitamina D.

Shuvo Roy mostra la membrana del rene Shuvo Roy mostra il prototipo

Hemo Cartridge:  filtro sangue

 

blood in: entrata sangue

 

blood out: uscita sangue

 

ultra filtrate: ultrafiltrato

 

Bio Cartridge: Bio cartuccia

 

membrane: membrana

 

silicon substrate: substrato di silicio

 

bonding layer: strato per l'incollaggio

 

blod: sangue

 

membrane chips bonded back-to-back:

circuiti di membrane incollate consecutivamente

 

Una immagine della sezione del rene (ANSA)

PDF scarica The Times of India di New

Il sistema è a due stadi; nel primo vengono utilizzati particolari filtri microscopici per il filtraggio dal sangue delle tossine metaboliche, mentre nel secondo, all’interno di un bioreattore, si realizza, grazie ai più recenti progressi dell’ingegnerizzazione dei tessuti, la crescita di cellule dei tubuli renali destinate a mimare l’azione del rene nel bilanciamento di elettroliti, metaboliti e acqua in modo da poter far svolgere all’apparecchio diverse altre funzioni biologiche proprie di un rene sano. Funziona senza apparecchiature a batteria, a differenza del pacemaker, e si pensa possa durare almeno una decina di anni.

immagine del rene con la membrana (ANSA)

I ricercatori precisano che, non essendo a stretto contatto con altri tessuti, il rischio di rigetto è inesistente. Se questo strumento supererà i test necessari, saremo di fronte ad una sensazionale scoperta per tutti quei milioni di persone che dipendono dalla dialisi e che sono in disperata attesa di un trapianto. Le agenzie di stampa riportano che le previsioni per i tempi di realizzazione e utilizzazione clinica sull’uomo, vanno “da 5 a 7 anni”. La notizia è di innegabile importanza, ma, i medici italiani che hanno avuto l’opportunità di studiare da vicino il “rene impiantabile”, più realisticamente, prevedono tempi più lunghi - 10 anni almeno - per una sperimentazione adeguata, prima di passare all’applicazione clinica. Seguiremo gli sviluppi.

immagine del rene con il flusso sanguigno (ANSA)


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