speciale Rene Portatile 

dall'intervista al Prof. Claudio Ronco ad oggi


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2023 presentato AD1 Artificial Diuresis 1 un ulteriore passo avanti

Ci sta lavorando il vicentino professor Claudio Ronco, direttore scientifico dell’Irriv

Il prof. Claudio Ronco e Thiago Reid Con il rene "portatile" AD1, Artificial Diuresis 1

Si chiama AD1, Artificial Diuresis 1. Ed è il nuovo rene portatile al quale sta lavorando il professor Claudio Ronco, 71 anni, primario e cattedratico universitario di nefrologia in pensione, oggi direttore scientifico dell’Irriv, l’istituto di ricerca internazionale sulle malattie renali da lui fondato anni fa.

Si tratta di una novità assoluta. Claudio Ronco lo ha costruito con un’azienda di Modena e potrebbe costituire la svolta. «È - spiega - una specie di zainetto collegato a un piccolo catetere che si appende al fianco del paziente all’interno di una sacca. Ci è appena arrivata l’autorizzazione dal comitato etico aziendale, e prestissimo cominceremo con la sperimentazione clinica. Abbiamo fatto uno studio sugli animali, e l’esito è davvero incoraggiante. AD1 funziona perfettamente».

«Per il momento - dice - questo sistema non effettua la dialisi completa. Si ferma alla filtrazione. Serve a rimuovere l’acqua, ma non le scorie. È utilissimo a togliere l’edema che si forma quando i reni funzionano poco o quasi per nulla. Per alcuni pazienti, ad esempio coloro che hanno uno scompenso cardiaco, si gonfiano e non traggono giovamento dai farmaci diuretici, potrebbe diventare l’unica possibilità per curarli a casa. E questo soprattutto in Paesi poveri che non possono contare su dipartimenti specializzati e risorse».

Fonte il Giornale di Vicenza articolo di Franco Pepe

 

 

giugno 2016 un nuovo rene artificiale portatile sperimentato negli Stati Uniti a Seattle

Fonte: https://insight.jci.org/articles/view/86397

 

le due immagini del rene diffuse

Un nuovo studio sul rene artificiale portatile che effettua un trattamento dialitico continuativo è stato sperimentato su 11 pazienti – in dialisi da almeno 15 mesi – ad un trattamento continuo di 24 ore. Lo studio, coordinato da prof. Jonathan Himmelfarb dell’Università di Washington a Seattle è stato pubblicato su JCI Insight. Si tratta indubbiamente di studi che non daranno benefici nell’immediato (gli autori avvertono che passeranno ancora molti anni prima di poter certificare la sicurezza e la qualità dei trattamenti).

I risultati: In tutti i test condotti, evidenziano gli autori, non sono state riscontrate complicanze. I pazienti durante il trattamento hanno potuto muoversi liberamente ed hanno dichiarato soddisfazione per i pochi effetti collaterali, per la flessibilità e i pochi disagi.

prof. Jonathan Himmelfarb

Durante lo studio, “tutti i pazienti si sono mantenuti emodinamicamente stabili e non si sono verificati gravi eventi avversi. Gli elettroliti sierici ed emoglobina sono rimasti stabili per tutta la durata del trattamento in tutti i soggetti. La rimozione di fluidi è risultata corrispondente alla quota di ultrafiltrazione prescritta. Il flusso ematico medio è stato di 42 ± 24 ml / min, ed il flusso medio di dialisato di 43 ± 20 ml / min. La clearance media di urea, creatinina, e fosforo nelle 24 ore è stata rispettivamente di 17 ± 10, 16 ± 8, e 15 ± 9 ml / min. La clearance media di β2-microglobulina è stata di 5 ± 4 ml / min”.

Cinque pazienti hanno completato tutto il trattamento previsto nelle 24 ore, durante le quali l’apparecchio ha funzionato come i ricercatori si aspettavano.

Diversi, ovviamente, i problemi tecnici riscontrati. Un paziente ha dovuto sospendere il trattamento per problemi alla coagulazione del sangue. In altri due casi il problema è stato nel malfunzionamento delle batterie. In altri tre casi la terapia è stata sospesa per la presenza di bolle di anidride carbonica nel circolo sanguigno.

Dr.ssa Karin Gerritsen Dr. Jaap Joles

“Reni artificiali portatili sono sicuramente il futuro – hanno dichiarato Karin Gerritsen e Jaap Joles dell’University Medical Center di Utrecht, in Olanda, che hanno recentemente rivisto gli studi in questo campo -, ma passeranno ancora degli anni prima che saranno disponibili in larga misura”. L’apparecchio sarà così “una valida alternativa all’attuale emodialisi che si esegue per tre volte a settimana”, hanno concluso gli esperti olandesi.

 

 

aprile 2014 dal sito della UE

Il manichino con il rene nel borsello, si vedono le linee ematiche per l’attacco al catetere

Continuano gli studi per trovare delle soluzioni alternative alla dialisi, così come la conosciamo oggi. Tanti ne sono in atto, già in passato intervistammo il Professor Claudio Ronco, e sul nostro sito trovate nella sezione “cosa ci riserva il futuro” tutti gli studi di cui siamo a conoscenza.

Una notizia è stata diffusa alla fine dello scorso aprile, riguardo ad è uno studio che coinvolge un consorzio di ricerca di 6 nazioni e diretto da Exodus AE società Greca, finanziato dall’Unione Europea nell'ambito del Settimo programma quadro (7 PQ) con Euro 4.999.641,00 su un costo totale del progetto di Euro 6.870.550,00. Di cosa si tratta, (dal sito dell’Unione Europea): si studia la dialisi del futuro.

“Il dispositivo si chiama NEPHRON+ WAKD (Wearable Artificial Kidney Device – Dispositivo rene artificiale indossabile) è attualmente testato sugli animali e dovrà superare diversi cicli di test severi sugli esseri umani prima di essere pronto a essere usato dai pazienti in dialisi”. E fin qui significa che ci vorranno anni prima che possa essere usato NDR. Continua. “Il progetto ha comunque raggiunto uno stadio nel quale i partner commerciali sono già pronti a portare la tecnologia alla fase successiva. Con i tassi di insufficienza renale in aumento e la pressione sugli ospedali per trovare nuove terapie più economiche e clinicamente efficaci, il mercato dei dispositivi di dialisi indossabili potrebbe valere ben 15 miliardi di euro l'anno, secondo il dott. Leonidas Lymberopoulos, coordinatore del progetto”. Il dott. Lymberopoulos indica che il costo delle cure di un paziente affetto da malattia renale diminuirà grazie alla riduzione delle prescrizioni di farmaci, del personale infermieristico e dei costi di istallazione dei servizi di emodialisi ambulatoriale. Si prevedono risparmi per le cure mediche di 15.000 - 20.000 euro l'anno per paziente. Con 340.000 pazienti in Europa, questo implica un risparmio annuale di 5-7 miliardi di euro. Si calcola che siano quasi 2 milioni e mezzo, nel mondo, le persone con insufficienza renale che devono sottoporsi costantemente a dialisi. E il numero è in aumento del 7 - 8 per cento ogni anno a causa dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumento dell’incidenza del diabete. Il numero delle persone potenzialmente trapiantabili resta di conseguenza bassa rispetto al totale dei nuovi ingressi.

I vantaggi con il rene indossabile ci sono anche per le persone, infatti “Il sistema di NEPHRON+ funziona come una tradizionale macchina per la dialisi, preleva il sangue del paziente tramite un Catetere, e lo passa attraverso una serie di filtri che rimuovono i prodotti di scarto e si assicura che la pressione del sangue rimanga a un livello sicuro, il paziente può vedere i dati monitorati attraverso il suo smartphone, i dati possono essere inviati con la rene internet al medico specialista del paziente, in modo che le sue condizioni siano monitorate in ogni momento. Il dispositivo indossabile ridurrà le probabilità che ci si debba recare in ospedale per una terapia d'emergenza, in quanto la dialisi costante è molto più efficace rispetto al trattamento intermittente, consente un'estrazione semplice e uniforme delle tossine durante il giorno, simile all'attività del rene naturale”.

 

 

3 febbraio 2012 presentato a Catania il rene portile

Fonte Italpress 03 febbraio 2012 confermata dal Prof. Claudio Ronco all’Associazione.

il rene

Un rene portatile che si tiene nella tasca di una giacca. È una macchina hi-tech per la dialisi, miniaturizzata da un team di ricercatori italiani e americani. La sua prima uscita ufficiale il prototipo  è stata il 3 febbraio 2012 a Catania, al settimo congresso internazionale della Società Europea per gli Organi Artificiali.

l'ing. Francesco Garzotto

«Il giubbotto, ha spiegato l'ingegnere biomedico Francesco Garzotto, dell'ospedale San Bortolo di Vicenza, dove è primario il professor Claudio Ronco nasconde una scatoletta che misura 10x7x3 centimetri formata da due parti sovrapposte: la parte meccanica e quella usa e getta attraverso cui passa il sangue per essere purificato. La scatola è collegata al corpo del paziente attraverso un catetere nella sua vena giugulare. Il liquido rimosso viene raccolto nelle tasche della giacca, in due sacche da 75 centilitri ciascuna. Sulla schiena, infine, c'è la batteria da 12 ore.

il giubbotto

A progettare il giubbotto, due aziende italiane: la Rand di Mirandola che produce impianti medicali ed elettromedicali, e la più famosa Dainese che produce giubbotti da moto. Lo studio è finanziato dall'Associazione Amici del Rene. «Siamo ancora nella fase della ricerca - sottolinea Garzotto - e solo le prove cliniche potranno dire cosa manca e quanto manca per poterlo usare per davvero.

 

 


 

Intervista al Prof. Claudio Ronco

(pdf)

vedi il filmato Lezione

Rene Portatile ridotto

scarica il filmato Lezione

Rene Portatile completo

(zip 36 MB)


 

Durante l’estate 2009, ci sono stati segnalati numerosi articoli pubblicati nel web, aventi per oggetto la sperimentazione del rene artificiale e, dalla loro lettura, se ne ricavava che l’utilizzo di questo strumento (“rene portatile”) avrebbe sostituito a breve la terapia dialitica tradizionale. Un dato positivo, dunque, che ha alimentato nei pazienti nefropatici, le aspettative per una vita migliore. Come spesso accade, però, pur di dare risalto ad una notizia, si esagera o si sacrifica la completezza dell’informazione. Per capirne un po’ di più ci siamo decisi a contattare il Professor Claudio Ronco, direttore del Dipartimento di Nefrologia, Dialisi e Trapianto dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza, col quale ci siamo incontrati il 19 ottobre. Il professore, tra l’altro, era reduce dal Congresso Nazionale della Società Italiana di Nefrologia, dove ha letto una relazione proprio su questo tema.

La macchina di cui parliamo si chiama Wereable Artificial Kidney (WAK).  Nasce da un’idea del Professor Victor Gura del Cedars Sinai Hospital di Los Angeles ed è stata sviluppata da ricercatori dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza. Ulteriori sperimentazioni sono state poi effettuate dal Royal Free Hospital di Londra.

Professor Ronco che cos’è il rene miniaturizzato portatile, o cintura dializzante?

“Questa cintura, del peso di circa 5 Kg, è un prototipo ed è assolutamente in fase sperimentale. Per spiegarlo con parole semplici: utilizza una pompa biventricolare che fa scorrere il sangue all'interno di un filtro che serve per purificarlo. Il liquido filtrato viene in parte rigenerato da un sistema di cartucce assorbenti che rimuovono le tossine ed in parte viene scartato mantenendo il paziente in equilibrio idrico, l’accesso vascolare avviene tramite un catetere vascolare, normalmente usato oggi.

Qual è l’idea che ha fatto nascere il progetto?

“L'idea è quella di miniaturizzare il sistema di dialisi per creare un dispositivo indossabile anche per 24 ore.”

La cintura è stata già utilizzata, in via sperimentale, su dei pazienti?

“Sì, a Vicenza. Un primo prototipo è stato testato per la prima volta al mondo dando esito positivo ed il paziente, mentre indossava il dispositivo, è stato in grado di svolgere azioni quotidiane come, ad esempio, passeggiare nel parco o andare al bar, il dispositivo è stato, fino ad oggi, utilizzato da 6 pazienti nel nostro centro e da 8 pazienti a Londra per un ciclo di dialisi di 8 ore”.

Cosa possiamo dire sui problemi che affrontate nello studio della macchina?

“Sono molte le difficoltà da superare per arrivare a un prodotto utilizzabile su vasta scala. È necessaria una ingegnerizzazione delle componenti, oggi realizzate in buona parte artigianalmente, e uno sviluppo complessivo del dispositivo per renderlo facilmente indossabile per lungo tempo. Ad oggi non possiamo prevedere quando potrà essere realizzato industrialmente e quindi utilizzabile dai pazienti, né possiamo prevedere quali atri canali di ricerca può creare per risolvere singoli problemi che oggi si vivono in dialisi. Sicuramente, però, la ricerca per una dialisi migliore, che superi l’attuale metodica deve essere portata avanti”.

Ma la ricerca ha dei costi, con quali finanziamenti può essere sviluppata?

“Oggi operiamo con finanziamenti privati. Speriamo, però, che dal Ministero della Salute, dalle autorità amministrative, si accorgano della ricerca tutta italiana e predispongano dei finanziamenti con fondi pubblici italiani o dell’Unione Europea, affinché il progetto possa progredire. Speriamo anche che i mondi della solidarietà, della ricerca e dell’industria si uniscano per accelerare il processo di sviluppo. Attualmente, l’Associazione Amici del Rene di Vicenza raccoglie fondi per questo scopo”.

Gli articoli di questa estate hanno suscitato attesa e speranza: cosa possiamo dire a quanti aspettano di vedere i risultati nella pratica?

Il limite immediato allo sviluppo, come detto, è dato dalla carenza di fondi. Ma il mondo della ricerca ha un dovere morale nei confronti dei pazienti in dialisi. Il dovere di proporre e studiare nuove soluzioni anche se molti problemi sembrano oggi insormontabili. Come telefoni e computers hanno ridotto le loro dimensioni, come i pace-makers sono diventati così piccoli da risultare impiantabili, così il rene artificiale di oggi potrà vedere le proprie dimensioni ridursi progressivamente fino a diventare indossabile. Va sicuramente dato un messaggio chiaro, non si facciano inutili trionfalismi e non si creino false aspettative. La tecnica è ancora sperimentale e non sarà disponibile commercialmente molto presto”.

(pubblicata su TI INFORMO ... settembre ottobre 2009 realizzata a Vicenza il 19 ottobre 2009 da Roberto Costanzi e Vincenzo Orazzo)

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