04 GIUGNO 2024 ECCELLENZA
BERGAMASCA NELLA RICERCA: LA DOTTORESSA ARIELA BENIGNI PREMIATA
DALL’ASSOCIAZIONE RENALE EUROPEA
L’associazione renale
europea (ERA) ha conferito l’ERA Award alla dottoressa Ariela
Benigni laureata in Scienze Biologiche, segretario scientifico
dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri e Coordinatore
delle ricerche per le sedi di Bergamo e Ranica (BG), il
riconoscimento è stato assegnato giovedì 23 maggio, durante il 61°
Congresso ERA a Stoccolma. “per l’eccezionale contributo alla
ricerca di base in nefrologia”.
“Se considero la mia
attività, più che di ricerca di base parlerei di ricerca pre-clinica
che ha avuto e ha tuttora un ruolo chiave nel campo delle malattie
renali e non solo – commenta Ariela Benigni –. Attraverso modelli
sperimentali abbiamo nel tempo imparato a conoscere quali sono le
cause e quali i meccanismi molecolari responsabili dell’insorgenza e
della progressione di molte malattie renali. Attualmente abbiamo
sviluppato in laboratorio modelli che permettono di avere
mini-organi in provetta utilizzando cellule di pazienti.
Questi strumenti ci
permettono di trovare nuovi farmaci e in qualche caso farmaci “su
misura” per ciascun soggetto. È un’attività affascinante, in
continua evoluzione e si arriverà presto alla cura personalizzata.
Sono molto onorata di ricevere questo premio che dedico a tutte le
donne con cui lavoro e alle donne impegnate nel campo della
nefrologia”
Il suo interesse nel
campo della ricerca riguarda la comprensione delle cause che
sviluppano le malattie renali e dei meccanismi di progressione del
danno che porta alla perdita della funzione del rene.
Ariela Benigni ha
guidato con successo gli studi sulla terapia genica per prevenire il
rigetto dell’organo trapiantato senza l’utilizzo di farmaci. Più di
recente, con un focus sulle cellule staminali, coordina un gruppo di
ricerca con l’obiettivo di individuare nuove strategie terapeutiche
per la cura di rare patologie renali.
Con oltre 25.000
membri, l’ERA è una delle maggiori associazioni nefrologiche a
livello mondiale e la più importante e prestigiosa associazione
medica europea in ambito nefrologico.
Sostiene la ricerca di
base e clinica nei campi della nefrologia clinica, della dialisi,
del trapianto renale e delle materie correlate con l’obiettivo di
ridurre la gravità della malattia renale cronica che spesso porta
all’insufficienza renale. L’ERA pubblica due riviste ufficiali di
nefrologia leader in Europa: Nephrology Dialysis Transplantation e
Clinical Kidney Journal (open access).
Tratto dal post
Communication & Media Relations - Istituto di Ricerche
Farmacologiche Mario Negri IRCCS. Foto da topitalianscientists.org
Aggiornamento 20 ottobre 2012: primi importanti risultati
degli studi pubblicati
sul Journal of the American Society of Nephrology
Da cellule
embrionali di topo i ricercatori hanno ricavato strutture che
svolgono le funzioni deputate alla filtrazione
Gli scienziati del Centro Anna Maria Astori dell’Istituto di
Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Bergamo guidati da
Giuseppe Remuzzi, sono riusciti ad ottenere organi
funzionanti a partire da cellule renali coltivate in
laboratorio. La ricerca che ha permesso di ottenere questi
reni artificiali è stata pubblicata sul
Journal of the American Society
of Nephrology.
Già in passato dei ricercatori erano riusciti a produrre
reni immaturi a partire da cellule embrionali, ma i piccoli
organi così ottenuti non sono riusciti a maturare
sviluppando i nefroni, le strutture alla base del
funzionamento del rene. In questo caso, invece, non è stato
necessario utilizzare cellule embrionali e gli “organoidi”
ottenuti a partire dalle cellule di rene, una volta
trapiantati nei topi, si sono sviluppati formando i nefroni
e rimanendo vitali e funzionanti per 3-4 settimane. Non è
ancora un "rene in provetta", ma è uno dei passi più
difficili per arrivarci. «Fino a oggi - spiega Christodoulos
Xinaris, che ha coordinato la ricerca -, partendo da
sospensioni di singole cellule embrionali, si erano prodotti
tessuti che però non erano in grado di maturare
ulteriormente verso un tessuto funzionante, perché senza il
supporto dei vasi sanguigni non si riescono a formare le
complesse strutture fondamentali del rene, i nefroni, dove
si svolgono i processi di filtrazione, riassorbimento e
secrezione che caratterizzano questo organo». «Noi siamo
stati i primi a riuscirci, ma non certo i primi a provarci -
aggiunge Giuseppe Remuzzi, direttore delle ricerche
dell'Istituto -, ma abbiamo avuto il merito di intuire che
la crescita del tessuto può avvenire in provetta solo fino a
un certo punto, dopo di che deve proseguire in un ospite
vivente (in questo caso un ratto). Dai nefroni al rene
trapiantabile nell'uomo ci vorrà tempo, ma questo era il
passo più difficile». I nefroni creati in laboratorio,
impiantati sotto la capsula renale, hanno dimostrato di
saper svolgere certe funzioni fisiologiche deputate alla
filtrazione, inclusa la capacità di produrre ormoni come
l'eritropoietina. «Il prossimo passo, a cui già stiamo
lavorando, sono i cosiddetti tessuti chimerici - spiega
Xinaris -: utilizzando le cellule embrionali possiamo
insegnare a quelle del midollo osseo prelevate da un
paziente a trasformarsi in nefroni. Una volta ottenuto il
tessuto che ci serve possiamo togliere la parte animale
ottenendo un organo funzionante trapiantabile nel paziente«.
Questa è solo una delle applicazioni, sottolinea Remuzzi:
«Un'altra possibilità è mimare mediante manipolazione
genetica malattie renali umane per studiarne i complessi
meccanismi e valutare in via preliminare l'attività dei
farmaci, riducendo in questo modo la sperimentazione sugli
animali». Una volta messa a punto per il rene, sottolineano
gli esperti, il metodo potrà essere allargato ad altri
organi, come già sta avvenendo in Usa per il pancreas.
Christos
Xinaris, 35 anni, originario di Cipro, da 3 anni
al Centro Anna Maria Astori del Mario Negri di
Bergamo nel Dipartimento di Medicina Molecolare
diretto da Ariela Benigni. Laureato in Biologia
alla Università Nazionale Kapodistrian di Atene,
ha conseguito un dottorato di ricerca in
Biologia molecolare presso la facoltà di
Medicina. Sempre ad Atene, nell'anno di post
dottorato, ha studiato il contributo dei
recettori degli ormoni tiroidei nella
progressione delle malattie cardiovascolari. |
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Un rene artificiale da costruire in laboratorio per eliminare la
dialisi. A questo traguardo sta lavorando l'Istituto di ricerche
farmacologiche Mario Negri di Bergamo, che per vincere una sfida
importante per il futuro dei trapianti ha ottenuto un
maxi-finanziamento dall'Unione europea; 2 milioni di euro da
spalmare in 3 anni, nell'ambito del programma Ideas Advanced
Investigator Grants dell'European Research Council (Erc). Il
progetto, denominato Reset, è stato sviluppato dal nefrologo
Giuseppe Remuzzi coordinatore delle ricerche del Mario Negri di
Bergamo e dai suoi collaboratori del centro Anna Maria Astori del
Mario Negri ed è basato sull'intuizione che attraverso tecnologie di
ingegneria tissutale, sarà possibile generare un rene completo in
tutte le sue funzioni. Il punto di partenza è il rene malato che,
spogliato dalle cellule malfunzionanti, mantiene intatta la sua
struttura tridimensionale. L'organo 'decellularizzato' viene poi
ricostruito utilizzando le 'staminali riprogrammate', cellule adulte
che vengono riportate allo stato pluripotente attraverso
manipolazione del loro Dna. Le cellule pluripotenti, sviluppandosi
sull'organo, daranno vita al nuovo rene.
Oggi
il trapianto di rene e la dialisi, nei Paesi ricchi, ridanno
la vita ai pazienti con malattie renali, che infatti non
muoiono più per insufficienza renale; ma in futuro anche
dialisi e trapianto lasceranno il posto a qualcosa di ancora
più entusiasmante, la rigenerazione dei reni: verranno messe
a punto tecniche di rigenerazione con cellule staminali, sia
iniettate nel tessuto renale del malato, sia staminali del
midollo osseo del paziente indotte (con farmaci) a migrare
nel rene per favorirne la rigenerazione spontanea.
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Ariela Benigni |
E' la
prospettiva tratteggiata sulla rivista Lancet nel numero
dell’aprile 2010 in una recensione firmata da Giuseppe
Remuzzi, Ariela Benigni e Marina Morigi dell'istituto Mario
Negri di Bergamo che fa il punto sugli ultimi risultati
della ricerca.
C'e'
inoltre la possibilità di trovare, nascoste nei reni,
cellule staminali adulte specifiche del tessuto renale, con
proprietà autorigeneranti che, opportunamente stimolate,
possano a loro volta contribuire alla rigenerazione
dell'organo.
Sempre
su Lancet, che dedica uno speciale alle malattie
renali, Marcello Tonelli dell'Università di Alberta in
Canada sottolinea che mentre nei Paesi in via di sviluppo,
dove trapianto e dialisi sono ancora un sogno, si muore
ancora di insufficienza renale, questo scenario è
praticamente cancellato in Occidente, dove chi ha un
problema renale cronico anche grave trova nuova vita in
dialisi e trapianto e di fatto sono i problemi
cardiovascolari e non i reni a metterne a rischio la vita.
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Marcello Tonelli |
Molti
animali, soprattutto anfibi e pesci, hanno un'enorme
capacità rigenerativa spontanea dei tessuti, reni compresi,
in risposta a un danno acuto. Nei mammiferi questa capacità
è ridotta, ma non assente, ed un'ampia documentazione
scientifica, scrivono Remuzzi e colleghi su Lancet, dimostra
che ci sono molte vie per amplificare le capacità
rigenerative dei reni; per esempio attraverso le cellule
staminali adulte dell'organo.
La
ricerca di queste staminali sta andando avanti: in numerosi
lavori sono state individuate nel rene adulto umano
'nicchie' che custodiscono cellule con potenziale
rigenerativo.
Alcune
di queste staminali isolate da tessuto renale umano sano
sono state già testate con successo su topolini dimostrando
di poter indurre miglioramenti dei danni renali.
E non
è l'unica possibilità: 'cellule staminali adulte del midollo
osseo - scrivono gli autori del lavoro - potrebbero
contribuire al ricambio e alla rigenerazione di svariati
compartimenti del rene. Queste staminali, infatti, pur
essendo le progenitrici delle cellule del sangue, si
differenziano anche in molte altre linee cellulari. Ed è
noto da svariati studi che le staminali del midollo migrano
nel rene e partecipano al naturale ricambio dell'epitelio
tubolare e alla riparazione del rene dopo danno acuto'.
Il
problema è di spingere la rigenerazione quando il danno è
cronico e progressivo: in questo caso si è visto che farmaci
contro l'ipertensione, presi a lungo termine, possono
favorire un naturale, sia pur parziale, processo
rigenerativo.
'Studi
clinici miglioreranno la nostra comprensione dei geni che
governano progressione e regressione della malattia renale
cronica - concludono - e i geni associati a prognosi
positiva.
Inoltre il miglioramento delle conoscenze sui farmaci già in
uso che mostrino capacità protettiva nei confronti dei reni
potrebbe tracciare la strada verso nuovi percorsi
terapeutici.
Insieme questi progressi in genetica e nelle conoscenze sui
meccanismi di protezione renale contribuiranno a progettare
molecole che abbiano come bersaglio geni rilevanti per la
rigenerazione, che diverrà l'obiettivo finale sostituendo
dialisi e trapianto'.
http://salute.aduc.it/staminali/notizia/staminali+reni+punto+della+ricerca_117163.php
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Il Prof. Giuseppe Remuzzi è nato a Bergamo il 3 aprile 1949,
Professore in Nefrologia e Direttore del Dipartimento di Medicina
Specialistica e dei Trapianti degli Ospedali Riuniti di Bergamo e
della Divisione di Nefrologia e Dialisi dello stesso ospedale. E’
anche Direttore dei Laboratori Negri Bergamo dell’Istituto Mario
Negri.
La sua attività scientifica riguarda soprattutto le ricerche sulle
cause delle glomerulonefriti, i meccanismi di progressione delle
malattie renali e gli studi nel campo del rigetto del trapianto.
Il Prof. Remuzzi è l’unico italiano ad essere membro del Comitato di
Redazione delle riviste “The Lancet” e “ New England Journal of
Medicine”. Recentemente
(2011)
ha ricevuto, durante il Congresso Mondiale di Nefrologia che si è
tenuto Vancouver (Canada),
il prestigioso
ISN Amgen International Prize for Therapeutic Advancement in
Nephrology.
È autore di circa 770 pubblicazioni in riviste internazionali.
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Il Consiglio Europeo della Ricerca (ERC) è stato creato nel 2007
dall'Unione europea e fa parte del VII programma quadro UE per la
ricerca scientifica (2007-2013). E' la prima organizzazione europea
che sostiene progetti di ricerca fondamentale sulla base
dell'eccellenza scientifica del ricercatore/della ricercatrice,
nonché della forza innovativa della sua idea, a prescindere dalla
nazionalità, dall'età o dalla disciplina scientifica.
Ogni anno, il Consiglio Europeo della Ricerca eroga consistenti
borse di ricerca a giovani ricercatori nella fase iniziale della
loro carriera ("ERC starting grants") o a scienziati già affermati e
riconosciuti nel loro settore ("ERC advanced grants"), per un totale
di oltre un miliardo di euro all'anno.
Per ottenere un borsa del Consiglio Europeo della Ricerca, i
ricercatori devono partecipare ai bandi pubblicati sul sito e devono
svolgere il loro progetto di ricerca in un'università o centro di
ricerca pubblico o privato, in uno dei 27 paesi dell'UE oppure in
uno dei 10 paesi associati al programma quadro europeo della
ricerca.
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L'Istituto Mario Negri è presente a Bergamo dal 1984 ed
è nato da una collaborazione tra i ricercatori del Negri
di Milano e i clinici degli Ospedali Riuniti sotto la
guida di
Giuseppe Remuzzi
, con l’obiettivo di coniugare ricerca sperimentale e clinica. La
sua prima sede è stata un edificio del ‘700, il “Conventino”
restaurato grazie al contributo di numerose banche, enti privati e
cittadini bergamaschi.
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Il centro Anna Maria Astori del Mario Negri
svolge la propria attività di ricerca nel campo delle malattie
renali, del diabete, dell’immunologia dei trapianti d’organo, della
farmacologia clinica, della medicina molecolare e rigenerativa,
della bioingegneria e di alcuni aspetti delle malattie tumorali.
Il Centro è stato intitolato ad
Anna Maria Astori,
la benefattrice che ha generosamente contribuito alla sua
realizzazione.
Il Centro Anna Maria Astori, dal luglio 2010, ha sede nel
Parco Scientifico e Tecnologico Kilometro Rosso
in un contesto creato per valorizzare innovazione e
multisettorialità. I suoi laboratori sono dotati di strutture e
apparecchiature all'avanguardia, che consentono ai ricercatori del
Negri di confrontarsi e competere in condizioni di parità con
l'ambiente scientifico internazionale. Attualmente occupa circa 100
persone.
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