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28 gennaio 2020 La Società Italiana di Nefrologia (società scientifica accreditata presso il Ministero della Salute) risponde alla lettera del Forum Nazionale sul quesito di quali macchine utilizzare per la dialisi a persone curate dall’epatite C. Il parere della SIN è importante per i direttori dei centri dialisi, ma anche per tutte le persone curate dall’epatite C che chiedono certezza su come continuare le sedute di emodialisi.
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28 novembre 2019 in occasione della presentazione del Registro Regionale Dialisi e Trapianto del Lazio, sono stati pubblicati i primi dati non completi in possesso del Dipartimento di Epidemiologia. L’immagine della presentazione che riportiamo riassume la situazione. Nella popolazione in dialisi sono stati registrati 234 persone anti C positivi, di queste 144 il 62% è stata approfondita la patologia e data l’informazione per le nuove cure, di queste 51 il 35% dei 144, hanno effettuato o stanno effettuando la terapia. Certamente come spiega la stessa immagine i dati non sono completi, ma certamente a circa 2 anni dall’utilizzo dei nuovi farmaci a noi sembrano poche le persone curate.
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31 luglio 2019 L’AIFA risponde al quesito del Forum Nazionale, sul criterio 10 per il trattamento dell’epatite C delle persone in emodialisi sull'inserimento nella cura delle persone in dialisi peritoneale, con una lettera del direttore generale dottor Luca Li Bassi. Un chiarimento che ci è stato chiesto da medici nefrologi impiegati ad eradicare l’epatite C dai centri dialisi.
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Il 9 maggio 2018 la regione Lazio Direzione regionale Salute e Politiche Sociali sollecitati dal progetto che è stato esposto, ha inviato ai direttori generali la circolare n. U0268117 specifica sulla cura delle persone in dialisi e con trapianto
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Articolo del Journal of Nephrology (2018) 31:685–712 https://doi.org/10.1007/s40620-018-0523-1 del Dr. Roberto Minuto, autorevole esponente della SIN nel quale si legge: nessuna separazione dei pazienti, monitor comuni; non parla di carica virale; di porre attenzione in centri con recente infezioni diffuse da HCV ma non di isolare. Ma questo è un lavoro scientifico molto ben fatto ma senza valore legale.
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NOTA STP: Per accordo al tavolo regionale HCV i pazienti solo con codice STP verranno trattati tutti al centro prescrittore dell'ospedale Spallanzani. |
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articolo pubblicato sul TI INFORMO gennaio febbraio 2018
Il 18 Gennaio 2018 si è svolto un incontro programmatico presso il Policlinico Tor Vergata tra il Segretario dell’Associazione Malati di Reni ONLUS Roberto Costanzi ed il Prof. Mario Angelico, docente di Gastroenterologia dell’Università Tor Vergata e promotore del GLEN (Gruppo Laziale Epato-Nefrologico), gruppo costituito tra nefrologi ed epatologi con l’obiettivo di curare l’Epatite C nei pazienti nefropatici in dialisi nei centri della Regione. L’obiettivo dell’incontro è stato principalmente quello di stabilire le possibili strategie per ottenere l’eradicazione dell’infezione da Epatite C nei centri dialisi del Lazio, prospettiva che appare oggi del tutto realistica, a condizione che si prenda piena consapevolezza, a tutti i livelli, della straordinaria opportunità rappresentata dalla disponibilità e prescrivibilità dei nuovi potenti antivirali diretti (DAA), efficaci su tutti i genotipi virali. Ad oggi, nella Regione Lazio, ci sono numerosi centri autorizzati alla prescrizione di questi nuovi farmaci per curare l’epatite C, facilmente consultabili sia a fine articolo. Come è noto, l’epatite C ha rappresentato una vera e propria piaga socio-sanitaria, che nel nostro Paese ha colpito centinaia di migliaia di persone, e tale è ancora anche nella realtà della maggior parte dei centri di dialisi. E’ ampiamente dimostrato che l’infezione da HCV condiziona in modo sfavorevole la qualità di vita e la sopravvivenza dei pazienti in emodialisi e dei trapiantati di rene ed a sua volta favorisce l’insorgenza stessa di insufficienza renale. Oggi, la disponibilità di DAA di terza generazione consente di eradicare virtualmente tutti i casi di infezione da HCV, sia nel paziente in emodialisi, che in dialisi peritoneale, che nel paziente in lista di attesa per il trapianto di rene, oppure già trapiantato, con cicli terapeutici di poche settimane, sostanzialmente privi di effetti collaterali significativi. Non vi sono quindi più remore, né motivi validi per non considerare per il trattamento antivirale ogni paziente nefropatico che ne abbia bisogno. Durante l’incontro si è preso atto che al momento c’è una scarsa consapevolezza, a livello nazionale, di questo cambiamento di scenario e delle opportunità terapeutiche che si sono aperte, sottolineato dal fatto che da quando nell’aprile 2017 l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha ampliato i criteri di prescrivibilità dei DAA, ammettendo al trattamento anche i pazienti HCV-infetti con insufficienza renale di stadio IV e V, compreso quelli in dialisi (Criterio AIFA 10 ovvero “Epatite cronica o cirrosi epatica in paziente con insufficienza renale cronica in trattamento emodialitico”), risultano essere stati avviati al trattamento in Italia con questo criterio solo 170 pazienti sui 115.791 avviati al trattamento a tutto il 5 febbraio 2018. Basti pensare che, secondo le stime del Registro Dialisi e Trapianto Lazio (RRDTL) nel 2016 la prevalenza di pazienti anti-HCV positivi nei 4.935 pazienti dializzati nei centri laziali è del 5.8%, cioè pari a 288 pazienti. Pur considerando che il 20% di questi pazienti potrebbe essere già HCV-RNA negativo, è plausibile, estrapolando questi numeri a livello nazionale, che in Italia vi siano almeno 2.500 pazienti emodializzati HCV infetti (cioè HCV-RNA positivi). Dal che si deduce che ad oggi la percentuale dei pazienti avviati al trattamento con DAA in Italia è verosimilmente compresa tra il 5 e l’8% dei possibili candidati al trattamento: un evidente problema di under-referral, probabilmente legato alla scarsa cognizione del problema e/o a difficoltà o mancanza di comunicazione. Nell’incontro sono state quindi discusse le possibili modalità per rendere noti questi dati nel mondo nefrologico e soprattutto rendere edotti tutti gli operatori sanitari di settore, cosi come gli stessi pazienti nefropatici, della verosimile odierna possibilità di eradicare l’epatite C. Per poter raggiungere questo ambizioso, ma realistico, obbiettivo è evidentemente necessario ottenere la fattiva collaborazione di tutti gli stakeholders (Regione, centri dialisi, medici specialisti, associazioni pazienti, società scientifiche, organi di stampa, etc) per realizzare iniziative utili ad identificare i pazienti nefropatici HCV-infetti del Lazio e per poterli rapidamente avviare al trattamento con DAA, con l’obiettivo di eliminare l’infezione nei centri dialisi entro la fine del 2018. Un altro aspetto di rilievo conseguente alla introduzione dei DAA è rappresentato dal fatto che la possibilità di trattare con successo tutti i pazienti HCV in emodialisi, impone la necessità di rivedere criticamente e aggiornare la normativa che sancisce la necessità di utilizzare Monitor di emodialisi dedicati per i pazienti HCV positivi, considerato che costoro sono abitualmente identificati sulla base della sola presenza dell’anticorpo anti-HCV. Se la presenza di anticorpi specifici resta ancora oggi uno strumento semplice e affidabile per identificare i pazienti HBV ed HIV infetti, ciò non può più dirsi oggi per tutti i pazienti con infezione da HCV. Infatti, la piena accessibilità alla cure per HCV con farmaci antivirali diretti (DAA) consente di eradicare definitivamente l’infezione da HCV nella quasi totalità dei pazienti. I pazienti guariti restano dunque permanentemente HCV-RNA negativi, a testimonianza dell’assenza di replicazione virale, ma mantengono per molti anni nel siero l’anticorpo anti-HCV. Quest’ultimo deve intendersi solo come espressione di un precedente contatto con il virus, ma non è un segno di infezione in atto. Di conseguenza questi pazienti sono guariti e non sono infettanti; di certo però possono reinfettarsi, qualora siano esposti di nuovo alla possibilità di un nuovo contagio. I pazienti con pregressa infezione da HCV oggi guariti (quindi portatori del solo anticorpo anti-HCV) non rappresentano affatto uno scenario raro, dal momento che in Italia ci sono già almeno 100.000 soggetti guariti con successo grazie ai DAA. La dimensione di questo problema nel Lazio risulterà chiara non appena sarà possibile effettuare un censimento accurato ed attendibile di tutti i pazienti anti-HCV positivi presenti nei 92 centri emodialisi regionali e di accertare quanti di questi siano anche HCV-RNA positivi e quindi, in assenza di palesi controindicazioni, suscettibili di essere trattati con DAA. Quest’ultimo d’altra parte rappresenta l’obiettivo principale per cui è sorto il GLEN, un gruppo interdisciplinare di medici ed operatori sanitari specialisti in epatologia e nefrologia, che si propone di operare in piena sintonia con le Istituzione regionali, il Registro Regionale Dialisi e Trapianto e l’Associazione Malati di Reni. Infine un sentito invito a quanti leggono questo articolo e sono interessati al problema, se già i vostri medici nefrologi non vi hanno informato della possibilità di cura parlategli voi, non abbiate paura. Sia l’associazioni che il GLEN siamo contattabili per ogni chiarimento.
Prof. Mario Angelico docente di Gastroenterologia dell’Università Tor Vergata promotore del GLEN (Gruppo Laziale Epato-Nefrologico)
Centri prescrittori nel Lazio dei nuovi farmaci per l’epatite C
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